L’albero e l’uomo
Se un abitante di una qualsiasi zona d'Italia, prima della conquista e colonizzazione romana, potesse rivedere oggi, dopo 25 secoli, i suoi luoghi natali, resterebbe probabilmente esterrefatto per la grande varietà di alberi e di arbusti ora presenti. Su cinque specie, ne riconoscerebbe forse soltanto una perché le altre quattro sono state introdotte, da tutte le zone del mondo, ila allora fino ai nostri giorni. Gli Etruschi, molto probabilmente, diffusero il cipresso nel nostro Paese. Alessandro Magno, con la conquista della Persia, facilitò l'introduzione di piante, dall'Asia Minore, in Grecia. Queste piante, a loro volta, erano o spontanee di quelle regioni, o vi erano state trasportate da terre più lontane. Quando giunsero in Grecia, i Romani vi trovarono numerose nuove piante che portarono al nord, nel bacino del Mediterraneo prima, e poi anche Bell'Europa centrale, utilizzando anche le serre di cui erano provetti costruttori. La conquista del Nord Europa, quindi, e dell'Inghilterra, da parte delle legioni romane, significò anche un avanzamento verso nord di specie meridionali o, addirittura, provenienti dall'Estremo Oriente. Durante l'epoca romana, vennero introdotte molle specie utili all'agricoltura, come il pesco; mentre gli agrumi, che pare
siano giunti in Grecia all'inizio dell'Era cristiana, vennero diffusi in Sicilia durante la colonizzazione araba. Già in epoca preromana, le esigenze dei popoli marinari, sempre in cerca di legname da costruzione, fecero scomparire le foreste che ricoprivano tutta la Sicilia. I Romani, poi, attuarono una colonizzazione intensiva di tutto il territorio italiano, effettuando lavori di disboscamento, bonifica, sistemazione del suolo che, nelle loro lince principali, sono a volte rimasti fino ai nostri giorni.
Dopo i Romani, per molti secoli non giunsero in Italia nuove piante: poi. con lo svilupppo dei traffici e del commercio, si incrementò, a partire dal secolo XVI una sempre più vivace introduzione di piante.
I monaci e i medici, nei lunghi secoli del Medioevo, furono gli unici grandi diffusori di piante. Tuttavia, i monaci trasportarono da convento a convento soprattutto piante di utilità, particolarmente quelle ritenute officinali. I medici e i botanici, che spesso si recarono per studio in Grecia e nel Vicino Oriente, raccolsero e trasportarono in Italia semi di piante officinali. La Repubblica di Venezia, grande protettrice delle scienze e patrona dell'Università di Padova, favorì moltissimo l'introduzione in Italia di nuove piante. Restano notizie del Giardino Botanico privato di un medico veneziano, tal Gaulterius (1333). mentre nel 1545 fu costruito a Padova da Francesco Bonafede il primo Orto Botanico del mondo. L'esempio di Padova fu ben presto seguito da altre sedi universitarie italiane, come Pisa e Bologna. Gli orti furono poi imitati in Francia, dove sorse quello famoso di Montpellier, e in Germania con quello di Monaco di Baviera, attiguo al castello e al parco di Nymphenburg che è ancor oggi molto famoso.
Verso la fine del secolo XVI l'ippocastano, originario della Grecia e dell'Albania, raggiunse il nostro Paese. Tra il 1620 e il 1630, dall'America settentrionale vennero introdotte numerose conifere. John Tradescant, singolare figura di viaggiatore e studioso di piante, si recò in Russia, da dove portò numerose specie arboree in Inghilterra. Il re Carlo I lo nominò suo giardiniere e in un decennio, il Tradescant convinse numerosi comandanti di navi a portargli nuovi semi di alberi dalle Americhe. La gleditsia e il taxodio furono introdotti in Europa in questo modo; un decennio dopo, fu la volta del liriodendro. Nel Nuovo Mondo, Johan Bertram creò, a Filadelfia, il primo Orto botanico nel 1700. Questo centro favori numerosi scambi con l'Europa, che portarono all'acclimatazione nel nostro continente di azalee, magnolie (a Padova, nell'Orto Botanico, si trovano alcuni esemplari di questa specie giunti per primi in Europa) e aceri americani. L'acero rosso, di origine canadese, è giunto nel 1656: il negundo è sbarcato dall'America nel 1688, mentre gli aceri giapponesi arrivarono soltanto nella seconda metà del secolo XIX.
Nel 1733 il botanico francese Bernard de Jussieu introdusse in Italia il cedro del Libano; nel 1796 venne portato, dalla Cina in Europa, il kaki.
Conifere del Nord-America
Non soltanto la curiosità per l'esotico e il nuovo spingevano studiosi e botanici a introdurre nuove piante. Specie nel campo delle conifere fu la necessità di provvedersi di legname da costruzione, appartenente a specie a rapido accrescimento che spinse commercianti e botanici ad arricchire enormemente il patrimonio indigeno con nuove specie.
Nel secolo XVIII. Peter Collinson mise a dimora nel proprio giardino, in Inghilterra, numerose specie di conifere e di querce. Importanti furono douglasia e abete di sitka. Gli Orti Botanici delle Università di Oxford e di Edimburgo costruirono apposite collezioni, verso la metà del secolo XIX, al fine di valutare le possibilità offerte in coltura dalle conifere dell'America settentrionale, La Società Orticola di Londra inviò, nel 1804. David Douglas nelle foreste di conifere delle coste occidentali dell'America settentrionale. Verso il 1827. per primo, raccolse i semi di quell'abete, la douglasia, che poi prese il suo nome e anche di altre conifere e di numerose altre specie arboree. La douglasia (Pseudotsuga douiglasii, o meglio, Pseudotsuga menziesii) venne in
realtà scoperta da Menzies ma fu portata in Inghilterra da Douglas. Douglas mori a 35 anni nelle isole Hawaii, dopo aver contribuito alla introduzione in Europa di numerose nuove specie.
Nel 1840, William Lobb, viaggiando per conto dei vivaisti Veitch, si recò nell'America meridionale, in Brasile e in Cile, da dove introdusse Araucaria araucana. Sempre nel 1840, venne effettuata una nuova specifica spedizione, questa volta in California. Il responsabile della spedizione, lo studioso inglese John Jeffrey, rientrò da questo viaggio con numerose specie, tra cui il pino che porta il suo nome e Tsuga hetheropylla. Un viaggio di Lobb in questa regione portò all'introduzione di Sequoiadendron giganteum.
La Cina e il Giappone restarono chiusi agli Europei sino alla fine del secolo XIX. Il loro isolamento culturale e commerciale non impedì, tuttavia, che un missionario francese, Pierre d'Incarvalle, scoprisse in Cina l'ailanto. Al suo ritorno, l'albero fu introdotto in Europa, nel 1751. Sette anni dopo giunse in Europa il gingko, che arrivò dalla Cina attraverso il Giappone. Il larice giapponese fu introdotto nel 1861 insieme con la specie Juniperus chinensis, capostipite di numerose selezioni e ibridi orticoli. Sempre nel secolo scorso, giunsero il cedro dell'Himalaia e i pini e gli abeti di origine cinese.
Molte specie, poi, sono divenute infestanti e si sono enormemente diffuse a scapito della vegetazione spontanea, cosi la robinia, diffusa nei primi decenni del secolo XVII o l'ailanto, giunto come si è visto dalla Cina nella seconda metà del secolo XVIII.
Specie ornamentali dall'Oriente
Anche ad alcuni fondatori di note ditte vivaistiche come il francese Levesque Vilmorin e l'inglese James Veitch si può attribuire il merito di avere diffuso nel nostro Continente specie arboree e arbustive ornamentali di origine lontana.
Tramite alcune spedizioni, congiuntamente finanziate da vivaisti e dalla Società orticola britannica, vennero introdotte numerose specie arboree come Cryptomeria japonica, nel 1842. Abies forrestii, invece, fu introdotta dalla Cina dal missionario Jean Mane Delavay, verso la fine del secolo XIX.
Padre David legò il suo nome a Buddleia davidii e a Davidi involucrata. Dalla Cina, anche in tempi recenti (1946) è stata importata
Metasequoia glyptostroboides, specie nota da tempo come fossile e che si credeva fosse ovunque estinta, fino a che non la si trovò in Cina nel 1941. Questa specie, molto ornamentale coi suoi bronzei riflessi autunnali, arricchisce il giardino in un'epoca in cui i colori sono pochi.